CAPITOLO 5 (1968-1971)
Estratto dal libro di Paolo Popeschich
“Beniamino Massimo, Un pittore romano”
Capitolo Cinque 1968-1971 (estratto)
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“…la pittura ha raggiunto il suo
perielio. Nel passaggio all’afelio si è verificata ciò che si chiama una crisi:
la stella della pittura si è suddivisa in due nuclei, uno dei quali è tornato
indietro verso l’afelio, mentre l’altro ha imboccato una nuova strada. Il primo
nucleo della stella dissociata della pittura si è affrettato sulla via del
ritorno verso posizioni già note, e nella sua coscienza sono sorte nuovamente
le vecchie immagini che hanno ripreso a disegnarsi, rinnovate, sulla tela.
L’altro nucleo si è avviato sulla strada solitaria, senza alcun oggetto e
alcuna rappresentazione nota…”
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Nei suoi trattati, ritornano spesso
alcune ossessioni, dalla sezione aurea alla geometria non euclidea, ma
soprattutto svela una idea di arte che mette i meccanismi del dispositivo
davanti al significato dell’immagine, in altri termini cerca risposte a domande
su come funziona l’immagine – di per se e in quanto tale – e non su cosa
significa o può significare (per l’artista, per il mercato, per la critica, per
il pubblico).
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Nel 1969 si iscrive al Partito
Radicale.
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Negli scritti di questi anni mette
in completa discussione l’opera d’arte intesa quale oggetto fisico, procedendo
contestualmente a bruciare tutte le tele e gli altri manufatti che aveva
conservato nella sua casa/studio, convinto che “tutta l’arte è concettuale in
natura, perché l’arte esiste solo concettualmente”. Al contempo da vita a opere
nelle quali il linguaggio ha lo scopo di designare atti potenziali riassunti in
istruzioni dettagliate su come si sarebbero potuto concretizzarsi nelle realtà
oppure esistere solo nella fantasia. Nel seno di queste opere/istruzioni rientrano
idee bizzarre come realizzare capsule del tempo con la forma di sarcofaghi
egizi, pubblicare cataloghi d’arte monografici come antichi palinsesti
ellenici, scrivere biografie di artisti immaginari.
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